UNA SOCIETA’ SANA E
UNA POLITICA GIUSTA
PRODUCONO RICCHEZZA , PROGRESSO
SOCIALE E BENESSERE
PER TUTTI I
CITTADINI .
UNA SOCIETA’ CORROTTA
E UNA POLITICA
INGIUSTA PRODUCONO INIQUITA’ ,
INVOLUZIONE SOCIALE E
MALESSERE PER I CITTADINI
.
LA
RICERCA SCIENTIFICA IN
ITALIA
La ricerca scientifica
in Italia registra gravi criticità , che
hanno spinto Giorgio Parisi, fisico teorico della Sapienza Università di Roma,
uno degli scienziati più importanti al mondo, a chiedere un aiuto all’Unione
Europea, tramite una lettera sulla rivista Nature e una petizione su
Change.org, per salvare la ricerca in Italia. «L’Italia — si
legge nella petizione — investe pochissimo in ricerca. Gli scienziati
invitano l’Unione Europea a fare pressione sul Governo Italiano perché finanzi
adeguatamente la ricerca in Italia e porti i fondi per la ricerca a un livello
superiore a quello della pura sussistenza».
Nel
complesso, la spesa per la ricerca e lo sviluppo in Italia è tra le più basse
in Europa. Secondo
l’Ocse, infatti, l’Italia nel 2012, tra pubblico e privato, ha investito in
ricerca l'1,26% del suo Prodotto Interno Lordo (PIL), contro una media Ue
dell’1,98% e Ocse del 2,4%.
Spesa in Ricerca e Sviluppo in
percentuale rispetto al PIL (dati Ocse 2012) :
3,55 Finlandia
- 3,4 Svezia - 3,35
Giappone - 2,98
Danimarca -
2,98
Germania - 2,79
Stati Uniti - 2,4
Ocse - 2,29
Francia -
2,16
Olanda - 1,98
Unione Europea - 1,73
Regno Unito -
1,65
Norvegia - 1,3
Spagna - 1,26 Italia
- 0,92
Turchia -
0,69
Grecia
Nel
2016, scrive la
senatrice a vita Elena Cattaneo, al fondo per gli investimenti nella ricerca
scientifica e tecnologica del Miur sono stati destinati 58,8 milioni di euro,
con una riduzione di circa due milioni ogni anno fino al 2018: «Con questa
quota il Miur finanzierà sia i Prin sia il Fondo per gli investimenti della
ricerca di base (Firb). Quindi a voler essere ottimisti, se un altro bando ci
sarà, sarà al ribasso. Con queste risorse irrisorie i ricercatori lavorano per
ottenere dati necessari per essere competitivi nei bandi europei».
Fortunatamente,
nonostante i fondi scarseggino sempre più, l’Italia
conferma, almeno per ora, la propria tradizione di eccellenza in quanto
a qualità della propria produzione scientifica.
Gli esperti
dell’Anvur, analizzando la banca dati SciVal di Scopus, hanno misurato che la quota di pubblicazioni
scientifiche italiane si attesta (nel periodo 2011-2014) sul 3,5% del
totale mondiale, con una crescita del 4% annuo della produzione scientifica
nazionale
.(in lieve
rallentamento rispetto agli anni precedenti)
Fuga dei cervelli
: il 73% dei ricercatori italiani si trova
all’estero
Numeri
dell'esodo. Ogni anno, circa 3mila ricercatori italiani - dottori di
ricerca che hanno conseguito il titolo accademico - prendono la via
dell'estero. L'Italia, tra i paesi europei più industrializzati, esporta
più ricercatori di quanti non ne importi dagli altri paesi. Per il nostro Paese
il saldo è paurosamente negativo: meno 13,2 per cento. In altre parole,
perdiamo il 16,2 per cento di ricercatori fatti in casa che si vanno a
confrontare con i colleghi stranieri e riusciamo ad attrarre il 3 per cento di
scienziati di altri paesi. Il confronto con le nazioni europee di riferimento è
impietoso. "Per molte altre nazioni europee - scrive la ricercatrice - le
percentuali sono invece in pareggio, come per la Germania, o positive come nel
caso della Svizzera e della Svezia (oltre il +20 per cento), del Regno Unito
(+7,8 per cento) e Francia (+4,1 per cento). Perfino la Spagna, la cui economia
non brilla certamente, ci tiene a debita distanza con una perdita contenuta
all'1 per cento. Una situazione che per l'Italia si
traduce in un impoverimento del capitale umano a scapito dello sviluppo che,
al ritmo di 3mila ricercatori italiani all'estero all'anno in un decennio - dal
2010 al 2020 - l'Italia perderà qualcosa come 30mila ricercatori costati agli
italiani qualcosa come 5 miliardi, che all'estero contribuiranno allo sviluppo
economico di quei paesi.
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