venerdì 24 giugno 2016

LA RIUMANIZZAZIONE DELLA ECONOMIA



                                  LA  RIUMANIZZAZIONE  DELL’ECONOMIA
Oggi ,  venerdì 24 giugno 2016 , è la data che segna una svolta epocale , decisiva nel contesto della Unione Europea . La Gran Bretagna  ha deciso per  l’uscita  dall’Unione , mettendo in crisi tutto il sistema economico e finanziario internazionale. I cittadini inglesi , al 52 % ,  hanno detto “ no “ soprattutto alle politiche sbagliate  prese in Europa  in materia di integrazione ;  si sono resi conto della confusione , delle indecisioni , delle contraddittorietà che sono emerse nell’ambito dei Paesi Europei  per affrontare adeguatamente il fenomeno immigratorio dai paesi in cui i conflitti bellici hanno determinato e continuano a determinare  la fuoriuscita di milioni di persone in cerca di condizioni possibili per la loro salvezza. Ma non sono soltanto questi i motivi che hanno suscitato i malumori popolari , sia inglesi , sia nell’ambito stesso degli altri  paesi europei .
Dal momento in cui vi è stata l’Unione Europea , con l’euro come la moneta unica , I problemi economici , quelli riguardanti le economie  reali , di crescita e sviluppo  socio-economico , sono negativamente e progressivamente cresciuti, con aumenti drammatici della disoccupazione specie giovanile , con la deflazione , con la recessione , con la depressione nel campo delle piccole e medie imprese e quindi del lavoro, nella maggior parte dei Paesi della Unione , tranne che per la Germania.
Per contrapposto , si è instaurata  una supremazia  del mondo finanziario , bancario , speculativo , che unitamente ad una politica di austerità contabile , di rigidità  nei confronti di investimenti volti al risanamento socio-economico ,  , l’ insieme di tali fattori ,  ha generato situazioni drammatiche in molte imprese e famiglie in difficoltà , e invece essi hanno favorito e protetto interessi di banche e società finanziarie, di importanza rilevante per alcuni Stati della Unione , specie per la Germania.
Adesso , con l’uscita della Gran Bretagna , lo scenario potrà anche allargarsi ; potranno ben verificarsi altri allontanamenti ; ma soprattutto , si verificherà nell’immediato la grande esigenza di rivedere e riformare le regole del sistema economico-finanziario europeo , prima che la disgregazione assuma proporzioni globali  e drammatiche  per tutti .  
PER EVITARE CHE CIO’ ACCADA , E’ ASSOLUTAMENTE  URGENTE  E  INDISPENSABILE  UN  RITORNO  AD UN  SISTEMA  CHE  RIMETTA  AL  CENTRO  DEI RAPPORTI  FRA  I  PAESI  EUROPEI  L’INTERESSE  E  IL  RIPRISTINO  DI UN SISTEMA  BASATO  SULLA  ECONOMIA  REALE , SUL LAVORO  EFFETTIVO , SULLE  RISORSE  UMANE , SULLO  SVILUPPO  SOCIALE  DELLE  POPOLAZIONI , SUL  PROGRESSO  TECNOLOGICO , MA ANCHE  DI  SALVAGUARDIA  DEI  DIRITTI  CIVILI E DEMOCRATICI  DELLE PERSONE , PIUTTOSTO  CHE  LA  PREVALENZA  QUASI  ESCLUSIVA  DEGLI  INTERESSI DI  BANCHE  E  DI  GRUPPI FINANZIARI . 



                                                   COS ‘ E’    L’ ORDOLIBERALISMO “  ? 

(  Note da  un articolo di  LELIO DEMICHELIS – MicroMega )
L’ordoliberalismo – già egemone forse più del neoliberismo nella forma economica e tecnica assunta dalla società globale – sta dilagando e diventando egemone anche in rete e questa volta è ordoliberalismo 2.0. Quali sono le conseguenze sociali e politiche?

 L’ ordoliberalismo è un modello economico, ma soprattutto sociale che si dice appunto liberale, sviluppatosi in Germania negli anni ‘30 del ‘900 attorno alla figura di Walter Eucken, assumendo poi il nome di Scuola di Friburgo e la denominazione di ordoliberalismo dal titolo della rivista Ordo, fondata sempre da Eucken e il cui primo numero uscì nel 1948.
Eucken, assegnava allo stato la funzione di guardiano dell’ordine concorrenziale, che a sua volta era considerato come un bene pubblico. Ma dovrebbe risultare oggi chiaro ed evidente come lo stato ordoliberale non sia un arbitro che fa rispettare le regole del gioco («Così come l’arbitro non partecipa al gioco, così lo stato è fuori dall’arena», sosteneva Ludwig Erhard), quanto un arbitro di parte, che fa le regole per il mercato, promuovendo il mercato inteso come forma economica che deve diventare forma esistenziale individuale e sociale, essere insieme disciplina e biopolitica (lo diciamo richiamando ancora Foucault). Perché se il diritto diventa regola del gioco che lo stato dà per lasciare poi ciascuno libero di giocare il suo personale gioco – come appunto volevano gli ordoliberali - ma se il gioco che si deve giocare è quello del capitalismo, allora la regola del gioco non è imparziale né liberale (si cancella infatti ogni separazione e bilanciamento tra il potere economico e quello politico e giuridico), ma parzialissima e pedagogica, governamentale appunto, a profitto del gioco del capitalismo andando a modificare i modi e le forme di comportamento di ciascuno e dell’insieme, modi e forme sempre meno sociali e umanistiche e sempre più economiche e imprenditoriali. E libertà, uguaglianza e fraternità cedono il passo a impresa, mercato e competizione. La forma mercato deve cioè diventare forma sociale.
Ogni atto pro-mercato contiene in sé una dose di coercizione e di dirigismo coattivo, di disciplina dentro a una biopolitica (il caso Grecia lo ha dimostrato, ma lo ha dimostrato ancora di più la famosa lettera di Trichet e Draghi all’Italia, del 2011) e maggiori sono le dosi di coercizione, maggiore è l’assuefazione, cioè l’adattamento di ciascuno al mercato e al suo dirigismo, che è appunto l’obiettivo che l’ordoliberalismo persegue in modo insieme teleologico, escatologico e teologico (di teologia economica)
Dunque, l’ordoliberalismo. E di ordoliberalismo si parla spesso anche se - più spesso ancora - si usa il termine generico di neoliberismo per definire le politiche economiche di questi ultimi trent’anni, dimenticando la stretta connessione e convergenza (al di là di alcune pur importanti differenze) tra queste due ideologie - tra queste due biopolitiche. Mario Monti si autodefinisce ordoliberale. Draghi lo ha detto di se stesso e della Bce («La costituzione monetaria della Banca centrale europea è saldamente ancorata ai principi dell’ordoliberalismo»). Renzi lo è con il JobsAct (e Hollande con la sua legge sul lavoro) e con la preferenza per il governo delle élite (anche se non lo è quando nega il decentramento del potere). Lo è ovviamente la Germania di ieri e soprattutto di oggi e quindi l’Europa dell’austerità, del pareggio di bilancio, delle riforme strutturali - che sono strutturali e strutturanti (funzionali) per l’espansione incessante del capitalismo, ma de-strutturanti per la società, la democrazia e per i diritti civili, politici e sociali. Tutto, in realtà è ordoliberalismo prima o più che neoliberismo
. Ordoliberalismo come biopolitica, dunque; perché la vita di ciascuno deve essere a immagine e somiglianza del mercato e dell’impresa – l’altro elemento forte e programmatico dell’ordoliberalismo – una biopolitica che diventa una politica della società, secondo Foucault, ma per una società da costruire appunto sul modello d’impresa. Non solo dunque fare impresa ma soprattutto, per ciascuno, essere impresa.
Modello impresa; ma quale impresa? Nell’impresa, scriveva ancora Röpke nel 1963, la democrazia è fuori luogo, come in una sala operatoria. «La vera democrazia economica sta altrove e cioè sul mercato, ove i consumatori sono elettori al cui costante plebiscito l’imprenditore deve adeguarsi se non vuole andare incontro al fallimento».
     SOCIALISMO   E  CAPITALISMO
Il socialismo è oggi una voce del movimento intellettuale e politico planetario che lotta per limitare l'espansione capitalistica nella vita personale e sociale
l’ideale della libertà sociale si realizza non nel rapporto dell’uno-con-l’altro (intersezione), bensì in quello dell’uno-per-l’altro (interconnessione) e, secondo Honneth, coincide, tra i principi normativi introdotti dalla Rivoluzione francese, con la fraternité o reciprocità solidale.
la libertà sociale è un ideale incapace di tener adeguatamente conto della dimensione del potere.
 MA perché i cittadini delle società capitalistiche odierne dovrebbero “volere” la fraternità, sostituendo l’individualismo che caratterizza il loro comportamento sociale? Perché dovrebbero volere la realizzazione della libertà di ogni altro individuo? Perché mai questo imperativo morale dovrebbe diventare il principio regolatore della società futura?
la lotta per il socialismo è fondamentalmente la lotta per la «subordinazione delle attività economiche a fini e valori della vita sociale , mentre la dinamica del capitalismo genera continuamente disuguaglianze multidimensionali, tra le quali spicca quella di ricchezza, e asimmetrie di potere, tra cui spicca il rapporto tra capitale e lavoro nell’impresa; più la vita personale e sociale è pervasa da questa dinamica di disuguaglianze e asimmetrie, meno facile è, per i soggetti, resistere al comando di altri soggetti e al dominio delle strutture in cui svolgono funzioni subalterne.
Per  socialismo –   s‘intende oggi una voce del movimento intellettuale e politico planetario che lotta per limitare l’espansione capitalistica nella vita personale e sociale. Esso si distingue da altre espressioni anticapitalistiche per la visione egualitaria e libertaria, centrata sull’autonomia del cittadino e sul politeismo dei valori, e per l’impegno nel progettare “utopie concrete” quali percorsi di cambiamento istituzionale.

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