martedì 23 luglio 2019
IL FENOMENO " MAFIA "
I MALI SOCIALI : LA CORRUZIONE , LE MAFIE , LA EVASIONE FISCALE E LE FRODI
Nella lotta alle mafie e alla corruzione , agli affari illeciti con complicità politiche , va tutto il nostro sostegno di cittadini ai Magistrati , Operatori giudiziari , Carabinieri , Polizia e Guardia di Finanza.
Servono pene certe e più severe , soprattutto sui patrimoni da confiscare.
“ La mafia vive perché si nutre di corruzione “
“ La corruzione fra i magistrati è la morte della Giustizia “
“ Quando la corruzione e le frodi si insinuano e si diffondono in ogni aspetto della vita sociale e istituzionale , il Paese è destinato a distruggersi .”
E’ estremamente grave per i danni che provoca ai giovani la “irresponsabilità “ non solo di tutti coloro che “ corrompono “ e che si fanno corrompere , ma anche di coloro che accettano supinamente , passivamente il fenomeno , aggravando patologicamente nella nostra società una corruzione che “corrode “ inesorabilmente i pilastri sui quali si regge il futuro e la sicurezza della vita sociale , specialmente delle nuove generazioni , le quali , vittime innocenti , pertanto saranno destinate o a vivere , sottoposte al giogo delle mafie e dei corrotti , in contesti sociali sempre più miseri , aridi e improduttivi , oppure costrette ad espatriare , lasciandosi alle spalle ricordi , affetti , tristemente e ingiustamente abbandonati.
LA EVOLUZIONE
DEL FENOMENO MAFIOSO
Sempre più grave la minaccia della
penetrazione del fenomeno della criminalità organizzata di stampo mafioso ,
soprattutto ‘ndrangheta , ma anche mafia e camorra , nel tessuto
imprenditoriale e in apparati pubblici , nelle Regioni del Centro- Sud , ma in forte
sviluppo in quelle del Nord Italia , anche oltre i confini nazionali , nei
Paesi europei .
Allarme Dia: in Lombardia la ‘ndrangheta prospera, oltre 30 i clan attivi, mai così tanti.
Ecco la mappa
8 ORE
Una parte
della cartina delle famiglie di 'Ndrangheta presenti in Lombardia. Dalla
Relazione di Attività secondo semestre 2018 della Dia
Trenta
Locali (cioè cosche) di ‘ndrangheta sono attive oggi, ora, mentre scriviamo, in
Lombardia. Lo certifica la Relazione sul secondo semestre 2018 di attività
della Dia (Direzione Investigativa antimafia).
Era dal 1994
– cioè da
prima dello spartiacque epocale che fu l’indagine “Crimine-Infinito, che a
partire dal 2003 sancì ufficialmente la presenza della ‘ndrangheta nella
principale regione del Nord Italia – che non si registrava un numero tanto
elevato di famiglie in piena attività criminale.
A Milano,
nella sua provincia e nel resto della Lombardia la ’ndrangheta ha consolidato
il suo radicamento attraverso la stretta interconnessione tra le “locali”
presenti e la “casa madre” del “Crimine” reggino. Se prendiamo una cartina
politica (criminale) della regione più industrializzata d’Italia, troviamo:
- le locali di Milano città (4), Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano;
- quelle di Como città, Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco e Cermenate;
- Monza-Brianza città, Giussano, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso e Limbiate;
- Lecco e Calolziocorte;
- Locale di Lumezzane (Brescia);
- Locali di Pavia e Voghera
- Locali di Varese e Lonate Pozzolo.Si tratta di nuclei che agiscono in modo autonomo tra loro – ma non rispetto alle rispettive “case madri calabresi” –, coordinate a livello locale da un organo chiamato “La Lombardia”, retto dal capo della famiglia più autorevole (fino a poco fa, i Barbaro, originari di Platì (RC)).
Una
‘ndrangheta in piena salute, quindi, nonostante l’imponente attività di
contrasto portata avanti dalla Dia da una parte e dalla DDA, Direzione
Distrettuale Antimafia, dall’altra.
Tanto che “per
la prima volta nella storia delle relazioni DIA compare la cartina della Lombardia”,
sottolinea preoccupato il presidente della Commissione Antimafia del Comune di
Milano, David Gentili, “È un salto culturale. Non sono indicate le
famiglie (nella mappa, ndr), ma mai era comparsa, come invece è tradizione che
siano presenti le cartine delle province Calabre, di Napoli, della Campania e
dei mandamenti siciliani”.
Un dato per
tutti spiega la situazione: la Lombardia è al quarto posto per numero di
immobili confiscati (dopo Sicilia, Campania e Calabria) e al quinto per
il numero di aziende confiscate (dopo Sicilia, Campania; Lazio e Calabria).
“Allo stato
attuale, in Lombardia, sono in corso le procedure per la gestione di 1.796
immobili confiscati, mentre altri 1.141 risultano già destinati.
Sono, altresì, in atto le procedure per la gestione di 269 aziende, a
fronte delle 83 già definite”.
Tra questi
troviamo alberghi, ristoranti, attività immobiliari, commercio all’ingrosso,
attività manifatturiere ed edili, terreni agricoli, appartamenti, ville,
fabbricati industriali, negozi (dati dell’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata). La classifica dei sequestri per provincia
recita: Milano, Monza Brianza, Varese, Pavia, Brescia, Bergamo, Como,
Cremona, Lecco, Mantova, Sondrio e Lodi.
la mappa completa delle “Locali” di
‘ndrangheta.
Per gli
investigatori, oggi, “la penetrazione del sistema imprenditoriale lombardo appare
sempre più marcata da parte dei sodalizi calabresi, ma anche le mafie di
estrazione siciliana e campana si mostrano in grado di esprimere la stessa
minaccia”, mentre appare “meno significativa” la criminalità organizzata
pugliese, “che si manifesta episodicamente, nella quasi totalità dei casi
per reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti e contro il
patrimonio”.
L’attività
investigativa ha dimostrato “una tendenza sempre maggiore di tentativi di
infiltrazione nel settore degli appalti pubblici e nel rilascio delle
autorizzazioni, licenze e concessioni pubbliche. In particolare, i settori
commerciali con più provvedimenti prefettizi, nel semestre (2018), risultano
quelli della ristorazione, giochi e scommesse, costruzioni, autotrasporto di
merci, autodemolizioni, commercio auto”.
Bergamo è l’eccezione (in negativo)
Ma se questi
dati confermano (ancora una volta) tendenze già in parte note, del tutto nuovo
è il fenomeno – assai preoccupante – che ha caratterizzato le cosche
bergamasche, la cui infiltrazione è stata tutt’altro che “silente”.
All’ombra di
Città Alta, infatti, le nuove generazioni di ‘ndranghetisti “blasonati” “non
sembrano manifestare la tipica propensione imprenditoriale e la capacità di
“mimetizzarsi”, propria di altri gruppi calabresi stanziati in Lombardia”.
Queste nuove leve, infatti, pur non disdegnando le attività illecite più
“sofisticate” (riciclaggio e reimpiego di capitali), “sembrano privilegiare
strategie “militari” di controllo del territorio che – per quanto meno
evolute nel profilo economico-criminale – creano tuttavia un diffuso allarme
sociale, proprio per la pratica della violenza e della intimidazione”.
Insomma, i nipoti dei vecchi boss non tengono il profilo basso professato dai
capi, ma uccidono, gambizzano, taglieggiano in pieno giorno. Davanti
all’intera comunità, la quale non ha mai denunciato. Anzi.
Milano
città, il reame dei Barbaro-Papalia
Nel semestre
in esame, sono state numerose le operazioni portate a termine e gli arresti. Il
che è un bene, se si considera l’attenzione delle istituzioni per il fenomeno,
un male se la si guarda dalla parte della diffusione capillare del “mercato
dell’illegalità” gestito dalle varie Locali.
La cattura del boss Rocco Barbaro a
Platì (Rc) nel maggio del 2017. Foto dei Carabinieri
Tra le varie
indagini, possiamo ricordare:
- A luglio 2018 l’operazione “Red Carpet”, che ha portato in carcere 23 persone accusate di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione, riciclaggio, intercettazioni illegali e lesioni. Le indagini hanno riguardato due gruppi criminali interconnessi attivi nei quartieri della Comasina e Bruzzano. A gestire il traffico di droga, uomini del clan Flachi, attivo in Lombardia sin dagli anni ’90;
- Ad ottobre, con l’operazione “Quadrato”, i Carabinieri hanno arrestato 14 soggetti per associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di cocaina al Quadrato di Corsico. Un bar, riconducibile al clan Trimboli di Platì (RC), era uno dei tre esercizi pubblici in cui veniva gestito lo spaccio. Tra i promotori dell’associazione anche un appartenente di spicco del clan Barbaro, sempre di Platì (RC). Questa famiglia, che da decenni regna incontrastata a Corsico, è l’epicentro nella gestione ‘ndranghetista della regione. Il 10 ottobre 2018, il Tribunale di Milano ha condannato il 54enne Rocco Barbaro a 16 anni, riconoscendolo colpevole di associazione di tipo mafioso, nonché effettivo proprietario del bar Vecchia Milano di corso Europa, intestato fittiziamente ad un prestanome (condannato anche il nipote, Antonio Barbaro). Il processo ha indicato Rocco – figlio del patriarca “Cicciu u Castanu” – come il reggente de “la Lombardia”, nonché vero cervello del narcotraffico internazionale in Italia. Nell’autunno 2016, con rito abbreviato, era stato condannato a 8 anni anche il figlio di Rocco, Francesco.
- Tra ottobre e novembre, gli ultimi arresti dell’operazione “Miracolo” – in carcere finiscono “39 soggetti dediti al traffico internazionale di stupefacenti” – sono importanti perché hanno dimostrato “l’estrema capacità dei gruppi di entrare in connessione tra loro per il raggiungimento di un obiettivo comune”. In una prima tranche erano stati arrestati gli affiliati al gruppo Cilione (cosca di Melito di Porto Salvo (RC)), che detenevano il monopolio dello spaccio nel quartiere di Bonola e a Robbio (PV), nonché gli affiliati al gruppo Cademartori-Ponzo, “contiguo ad alcuni sodalizi mafiosi etnei, in particolare ai clan Pillera-Puntina, Laudani, Cursoti (che si occupavano di organizzare l’importazione dello stupefacente), e del napoletano (Gionta)”. In una seconda tranche, vengono arrestati gli uomini legati ai gruppi Luongo di Manfredonia (FG) e, naturalmente, ai Barbaro, protagonisti dello spaccio di droga anche nel quartiere di San Siro.
Ma se a
Milano città va male, in provincia è anche peggio: grazie all’operazione
“Linfa” finiscono in manette 10 persone. Tra questi spicca il nome di G.
M., 58 anni, originario di Rosarno (RC), che dalla sua residenza in
Svizzera, ogni giorno raggiungeva Rodano (MI) e Casorate Primo (PV) per
gestire le partite di stupefacenti per conto dei Bellocco e dei Pesce,
clan della Piana di Gioia Tauro, nel Reggino. L’altro nome grosso è quello del
47enne Francesco Cicino, di Guardavalle (Cz), già braccio destro di Carmelo
Novella, il boss reggente della ‘Ndrangheta in Lombardia, ucciso in un
agguato a San Vittore Olona il 14 luglio 2008 perché “reo” di aver cercato di
rendere le locali lombarde indipendenti dalla Calabria. Nel blitz vengono
sequestrati anche 149 chili di marijuana, 6 chili di cocaina e 40mila euro in
contanti. L’attività investigativa ha anche dimostrato come alcuni imprenditori
lombardi si rivolgessero scientemente agli ‘ndranghetisti per riscuotere
crediti vantati nei confronti di altri imprenditori.
A novembre,
con l’operazione “Pineapple” è stata bloccata un’associazione criminale,
composta per lo più da calabresi, attiva tra Milano, Busto Arsizio (VA)
e territori limitrofi, specializzata nel traffico internazionale di cocaina,
tra Repubblica Domenicana e Italia. Sette gli arresti totali.
Il summit dei 23 boss delle Locali
della Lombardia riuniti nel circolo “Falcone e Borsellino” il 31 ottobre 2009.
Nel restante
territorio regionale, invece, siamo messi anche peggio. “La posizione
privilegiata nei rapporti commerciali con le province limitrofe e con la Svizzera,
la provincia di Como ricade inevitabilmente nelle mire delle
organizzazioni criminali e della ’ndrangheta in particolare, tanto da far
registrare, nel tempo, la presenza delle locali di Como, Erba, Canzo-Asso,
Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco e Cermenate”.
Presso il Tribunale di Como sui è celebrato il processo di primo grado
dell’inchiesta “Ignoto 23”, che ha portato alla condanna di Fortunato
Calabrò.
Un processo
importante, perché ha dato un volto al 23° partecipante – l’unico sfuggito per
oltre 5 anni alla giustizia – al summit tenuto presso il centro anziani
“Falcone e Borsellino” di Paderno Dugnano, il 31 ottobre 2009 che
scelse Pasquale Zappia come referente delle cosche al Nord
Italia in sostituzione di Carmelo Novella.
Nello stesso
procedimento erano “state indagate 13 persone, tra cui il nipote del boss della
cosca africese Morabito, per associazione di tipo mafioso, estorsione in
danno di alcuni esercizi commerciali, detenzione e porto abusivo di armi,
lesioni aggravate e danneggiamento, con l’aggravante del metodo mafioso. Gli
imputati sono ritenuti al vertice della locale di Limbiate (MB) ed in
stretta correlazione con la locale di Mariano Comense (CO)”. Nel
fascicolo erano entrati anche una serie di “eclatanti atti criminali, quali
gambizzazioni, spari con armi da fuoco in pieno centro abitato e lanci di
bottiglie incendiarie”, registrati a Cantù.
Le presenze
della ‘ndrangheta sono riscontrate anche negli altri territori, come in
provincia di Mantova, dove a un imprenditore edile originario della
provincia di Crotone, ma da anni residente a Curtatone (MN) – già condannato
per usura -, sono state confiscate quote di società immobiliari per oltre 5
milioni di euro a causa della sua contiguità con le cosche della Lombardia
orientale.
A Monza,
invece, il sequestro ha colpito società, immobili e conti correnti, per un
valore complessivo di circa 2 milioni, di un imprenditore originario di Santa
Caterina dello Jonio (CZ), ritenuto contiguo alla locale di Giussano (MB)
e organico alla cosca del catanzarese Gallace-Ruga-Leotta. Per i
pm, “l’uomo si occupava della custodia delle armi e manteneva i contatti con i
familiari degli affiliati ristretti in carcere, garantendo loro anche
l’assistenza economica”.
Le cosche
Chindamo-Lamai e Ferrentino di Laureana di Borrello (RC) avevano invece
scelto l’Oltrepò pavese e il Vogherese “per aprire imprese edili
che permettessero di mascherare attività criminali, che comprendevano anche il
traffico di armi e di stupefacenti”. Il 17 ottobre le condanne per i 12
inquisiti hanno superato complessivamente i 100 anni di carcere.
LA N' DRANGHETA
Dettagli
Pubblicato: 27 Luglio 2019
di Vincenzo
Musacchio
Nell’Unione europea sono attive circa quattromila organizzazioni criminali di stampo mafioso. Le più potenti militarmente ed economicamente sono quelle italiane. Esse diventano più pericolose poiché sono sempre più collegate tra di loro e unite da obiettivi comuni quali i profitti di natura economica. Queste organizzazioni sono attive in Europa soprattutto nel campo del commercio internazionale, del trasporto globale, nella comunicazione mobile e nei settori dei media, internet compreso, generando una vera e propria rete criminale organizzata. Le nuove mafie hanno compreso che cooperare tra di loro conviene. Le autorità di contrasto al crimine organizzato dell'Unione europea, di contro, non sono preparate per affrontare questa nuova emergenza. Europol, descrive la presenza della criminalità organizzata italiana in Europa come in crescente aumento e più potente rispetto all’ultimo quinquennio. La pervasività delle nostre mafie sta crescendo vertiginosamente in Spagna, in Bulgaria, in Gran Bretagna, in Germania, in Austria, in Svizzera e in Portogallo. I nuovi gruppi criminali sono particolarmente attivi in molteplici attività delittuose: droga (cocaina, cannabis, droghe sintetiche ed eroina), traffico di esseri umani, traffico di organi e di armi nonché in una serie di operazioni di natura economica che hanno a che fare con le sovvenzioni e gli aiuti comunitari ai vari Stati membri dell’Unione europea. Nell’ultimo decennio le nostra mafie si sono specializzate proprio in frodi comunitarie, reati finanziari e commerciali e spesso utilizzano tecniche talmente sofisticate, come la contraffazione di beni e prodotti di tutti tipi, da essere difficilmente scoperte. Sono abili nei crimini informatici e ovviamente nel riciclaggio di denaro proveniente da attività criminali al punto tale che gli organismi comunitari di lotta al crimine organizzato non riescono a frenarne la pervasività. Chi studia i fenomeni mafiosi sa che le mafie hanno la tendenza ad ampliare il loro raggio di azione verso nuovi settori economici con attività sempre più redditizie. La ndrangheta, che è oggi una delle mafie più potenti d’Europa, può contare su un’ampia rete ramificata con protezioni e complicità anche a livello internazionale. Nell’ultimo biennio ha tessuto rapporti con le mafie russe in settori come il traffico di armi, il contrabbando e il commercio internazionale di droga. La globalizzazione dei mercati finanziari, la crescente deregolamentazione dei capitali, le nuove tecnologie e l’informatizzazione dei sistemi finanziari hanno agevolato la crescita dell'economia legale, ovviamente, tale incremento si è verificato anche nel campo dell’economia illegale. Il crimine organizzato, infatti, è stato in grado di sfruttare queste opportunità a proprio vantaggio nel breve periodo. Poche ore dopo la caduta del muro di Berlino le mafie italiane già facevano affari nella ex Germania dell’Est. Le mafie sono sempre state in grado di sfruttare i cambiamenti geopolitici nel contesto europeo e ne hanno tratto vantaggi soprattutto economici e finanziari. La frammentazione economica di alcuni paesi dell'Europa orientale, come ad esempio l’ex Jugoslavia, ha avviato, negli ultimi anni, una nuova fase del traffico internazionale di tabacco da parte delle mafie dell'area balcanica e del sud dell’Italia con le mafie pugliesi e la camorra che la fanno da padroni. Le mafie attive in Europa differiscono l'una dall'altra secondo due modelli organizzativi: verticale e orizzontale. Nel primo esiste una catena di comando che governa l'organizzazione. Nel secondo c'è una rete di clan mafiosi collegati l'un l'altro senza una catena di comando. A prevalere è la seconda tipologia. I gruppi che operano in Europa sono spesso gruppi con leader riconosciuti, che si alleano subito tra di loro, inizialmente collegati ad aree specifiche ma che in seguito sono in grado di esportare il proprio “know-how” ovunque le circostanze consentono loro di infiltrarsi e poi radicarsi del territorio stipulando alleanze anche con i clan rivali. Alcuni Stati membri, in effetti, svolgono il ruolo di una zona franca per molti guadagni illegali delle nostra mafie e ne consentono spesso il reinserimento nell'economia legale europea. La cd. finanza speculativa ha agevolato notevolmente gli affari delle mafie maggiormente organizzate soprattutto nel campo economico finanziario. Per comprendere la forza economica e criminale delle nostre mafie in Europa è sufficiente guardare la crescente presenza della ndrangheta in Germania. Secondo l’ultimo rapporto di Europol, la ndrangheta avrebbe acquistato molte azioni di Gazprom, detentore del monopolio russo del gas e azionista in molti paesi del nord dell’Europa. Due ndrine (una di Cirò e un'altra di Corigliano Calabro) sono ritenute coinvolte nel traffico di armi con gruppi criminali dell’ex Jugoslavia e dell’Albania. In Spagna, invece, ci sono basi logistiche di Cosa nostra, Camorra e Ndrangheta che gestiscono il traffico di droga, di armi, di esseri umani in Sud America e Nord Africa. Prova di tali traffici sono gli arresti di Alessandro Pannunzi, detto “il principe” del traffico internazionale di stupefacenti o quello di Salvatore Zazo, del clan Mazzarella-Zazo di Napoli e del latitante Paolo Di Mauro del clan Contini, tutti arrestati a Barcellona. In Spagna, le mafie italiane hanno una base molto importante per il reinvestimento del denaro sporco, in attività commerciali, immobiliari, catene di ristoranti e altre attività connesse al riciclaggio di capitali. Le nostra mafie sono presenti anche in Svizzera, Austria e in altri paesi dell’Europa centrale. In Inghilterra, invece, controllano il mercato delle droghe provenienti da Turchia, Afghanistan e Pakistan. Le mafie hanno stabilito le loro attività criminali anche nei Paesi Bassi, dove vi sono basi logistiche della camorra (Clan Gionta, Nuvoletta di Marano, Sarno Licciardi e Di Lauro di Napoli) della ndrangheta (clan di Mancuso Limbadi, Morabito, Palamara-Bruzzaniti di Africo e Strangio, dalla provincia di Reggio Calabria) sono recentemente presenti anche clan provenienti dalla Puglia (come frange della mafia garganico-foggiana, i Madonella di Bari e gli Scarci di Taranto) si sono stabiliti tra Amsterdam e Rotterdam. Il porto di Rotterdam, che è il più grande in Europa, è stato spesso teatro di operazioni anti-droga che testimoniano come gli stupefacenti dal Sud America arrivano in questo porto per essere smistati in tutta Europa. I Paesi Bassi sono diventati il crocevia di nuove rotte della droga proveniente dall’America Latina. Nel vicino Belgio, e in particolare a Bruxelles, ci sono famiglie appartenenti a Cosa Nostra, alcuni clan della Camorra, originari di Napoli. Nella zona tra Anversa, Bruxelles, Charleroi, Gand e Genk, ci sono molti clan della ndrangheta. Cosa Nostra e ndrangheta sono presenti anche in Lussemburgo e nel Principato di Monaco. In Bulgaria, Slovenia, Croazia e sono attivi molti clan di camorra, ndrangheta e clan criminali pugliesi che sono tutti in contatto con i clan dell'Europa orientale, coinvolti, in particolare nel contrabbando di merci, nella gestione del traffico di droga e del commercio illegale di armi, nel traffico di rifiuti tossici, nel reinvestimento dei capitali attraverso scommesse sportive, trasferimento di denaro e altre attività connesse al riciclaggio di denaro sporco. La situazione è drammatica ma a quanto pare l’Europa non vuole dare battaglia alle mafie poiché sono cadute nel nulla le leggi sull’introduzione del delitto di associazione mafiosa europeo, le leggi sulle confische e gli organismi specifici di lotta al crimine organizzato. All’Unione europea serve un procuratore antimafia europeo, l’estensione del delitto di associazione criminale di stampo mafioso a tutti gli Stati membri, l’implementazione del reciproco riconoscimento dei provvedimenti di sequestro e confisca dei beni. Questo sarebbe un buon inizio e uno stimolo fondamentale per la lotta all’attuale predominio delle mafie in Europa.
Nell’Unione europea sono attive circa quattromila organizzazioni criminali di stampo mafioso. Le più potenti militarmente ed economicamente sono quelle italiane. Esse diventano più pericolose poiché sono sempre più collegate tra di loro e unite da obiettivi comuni quali i profitti di natura economica. Queste organizzazioni sono attive in Europa soprattutto nel campo del commercio internazionale, del trasporto globale, nella comunicazione mobile e nei settori dei media, internet compreso, generando una vera e propria rete criminale organizzata. Le nuove mafie hanno compreso che cooperare tra di loro conviene. Le autorità di contrasto al crimine organizzato dell'Unione europea, di contro, non sono preparate per affrontare questa nuova emergenza. Europol, descrive la presenza della criminalità organizzata italiana in Europa come in crescente aumento e più potente rispetto all’ultimo quinquennio. La pervasività delle nostre mafie sta crescendo vertiginosamente in Spagna, in Bulgaria, in Gran Bretagna, in Germania, in Austria, in Svizzera e in Portogallo. I nuovi gruppi criminali sono particolarmente attivi in molteplici attività delittuose: droga (cocaina, cannabis, droghe sintetiche ed eroina), traffico di esseri umani, traffico di organi e di armi nonché in una serie di operazioni di natura economica che hanno a che fare con le sovvenzioni e gli aiuti comunitari ai vari Stati membri dell’Unione europea. Nell’ultimo decennio le nostra mafie si sono specializzate proprio in frodi comunitarie, reati finanziari e commerciali e spesso utilizzano tecniche talmente sofisticate, come la contraffazione di beni e prodotti di tutti tipi, da essere difficilmente scoperte. Sono abili nei crimini informatici e ovviamente nel riciclaggio di denaro proveniente da attività criminali al punto tale che gli organismi comunitari di lotta al crimine organizzato non riescono a frenarne la pervasività. Chi studia i fenomeni mafiosi sa che le mafie hanno la tendenza ad ampliare il loro raggio di azione verso nuovi settori economici con attività sempre più redditizie. La ndrangheta, che è oggi una delle mafie più potenti d’Europa, può contare su un’ampia rete ramificata con protezioni e complicità anche a livello internazionale. Nell’ultimo biennio ha tessuto rapporti con le mafie russe in settori come il traffico di armi, il contrabbando e il commercio internazionale di droga. La globalizzazione dei mercati finanziari, la crescente deregolamentazione dei capitali, le nuove tecnologie e l’informatizzazione dei sistemi finanziari hanno agevolato la crescita dell'economia legale, ovviamente, tale incremento si è verificato anche nel campo dell’economia illegale. Il crimine organizzato, infatti, è stato in grado di sfruttare queste opportunità a proprio vantaggio nel breve periodo. Poche ore dopo la caduta del muro di Berlino le mafie italiane già facevano affari nella ex Germania dell’Est. Le mafie sono sempre state in grado di sfruttare i cambiamenti geopolitici nel contesto europeo e ne hanno tratto vantaggi soprattutto economici e finanziari. La frammentazione economica di alcuni paesi dell'Europa orientale, come ad esempio l’ex Jugoslavia, ha avviato, negli ultimi anni, una nuova fase del traffico internazionale di tabacco da parte delle mafie dell'area balcanica e del sud dell’Italia con le mafie pugliesi e la camorra che la fanno da padroni. Le mafie attive in Europa differiscono l'una dall'altra secondo due modelli organizzativi: verticale e orizzontale. Nel primo esiste una catena di comando che governa l'organizzazione. Nel secondo c'è una rete di clan mafiosi collegati l'un l'altro senza una catena di comando. A prevalere è la seconda tipologia. I gruppi che operano in Europa sono spesso gruppi con leader riconosciuti, che si alleano subito tra di loro, inizialmente collegati ad aree specifiche ma che in seguito sono in grado di esportare il proprio “know-how” ovunque le circostanze consentono loro di infiltrarsi e poi radicarsi del territorio stipulando alleanze anche con i clan rivali. Alcuni Stati membri, in effetti, svolgono il ruolo di una zona franca per molti guadagni illegali delle nostra mafie e ne consentono spesso il reinserimento nell'economia legale europea. La cd. finanza speculativa ha agevolato notevolmente gli affari delle mafie maggiormente organizzate soprattutto nel campo economico finanziario. Per comprendere la forza economica e criminale delle nostre mafie in Europa è sufficiente guardare la crescente presenza della ndrangheta in Germania. Secondo l’ultimo rapporto di Europol, la ndrangheta avrebbe acquistato molte azioni di Gazprom, detentore del monopolio russo del gas e azionista in molti paesi del nord dell’Europa. Due ndrine (una di Cirò e un'altra di Corigliano Calabro) sono ritenute coinvolte nel traffico di armi con gruppi criminali dell’ex Jugoslavia e dell’Albania. In Spagna, invece, ci sono basi logistiche di Cosa nostra, Camorra e Ndrangheta che gestiscono il traffico di droga, di armi, di esseri umani in Sud America e Nord Africa. Prova di tali traffici sono gli arresti di Alessandro Pannunzi, detto “il principe” del traffico internazionale di stupefacenti o quello di Salvatore Zazo, del clan Mazzarella-Zazo di Napoli e del latitante Paolo Di Mauro del clan Contini, tutti arrestati a Barcellona. In Spagna, le mafie italiane hanno una base molto importante per il reinvestimento del denaro sporco, in attività commerciali, immobiliari, catene di ristoranti e altre attività connesse al riciclaggio di capitali. Le nostra mafie sono presenti anche in Svizzera, Austria e in altri paesi dell’Europa centrale. In Inghilterra, invece, controllano il mercato delle droghe provenienti da Turchia, Afghanistan e Pakistan. Le mafie hanno stabilito le loro attività criminali anche nei Paesi Bassi, dove vi sono basi logistiche della camorra (Clan Gionta, Nuvoletta di Marano, Sarno Licciardi e Di Lauro di Napoli) della ndrangheta (clan di Mancuso Limbadi, Morabito, Palamara-Bruzzaniti di Africo e Strangio, dalla provincia di Reggio Calabria) sono recentemente presenti anche clan provenienti dalla Puglia (come frange della mafia garganico-foggiana, i Madonella di Bari e gli Scarci di Taranto) si sono stabiliti tra Amsterdam e Rotterdam. Il porto di Rotterdam, che è il più grande in Europa, è stato spesso teatro di operazioni anti-droga che testimoniano come gli stupefacenti dal Sud America arrivano in questo porto per essere smistati in tutta Europa. I Paesi Bassi sono diventati il crocevia di nuove rotte della droga proveniente dall’America Latina. Nel vicino Belgio, e in particolare a Bruxelles, ci sono famiglie appartenenti a Cosa Nostra, alcuni clan della Camorra, originari di Napoli. Nella zona tra Anversa, Bruxelles, Charleroi, Gand e Genk, ci sono molti clan della ndrangheta. Cosa Nostra e ndrangheta sono presenti anche in Lussemburgo e nel Principato di Monaco. In Bulgaria, Slovenia, Croazia e sono attivi molti clan di camorra, ndrangheta e clan criminali pugliesi che sono tutti in contatto con i clan dell'Europa orientale, coinvolti, in particolare nel contrabbando di merci, nella gestione del traffico di droga e del commercio illegale di armi, nel traffico di rifiuti tossici, nel reinvestimento dei capitali attraverso scommesse sportive, trasferimento di denaro e altre attività connesse al riciclaggio di denaro sporco. La situazione è drammatica ma a quanto pare l’Europa non vuole dare battaglia alle mafie poiché sono cadute nel nulla le leggi sull’introduzione del delitto di associazione mafiosa europeo, le leggi sulle confische e gli organismi specifici di lotta al crimine organizzato. All’Unione europea serve un procuratore antimafia europeo, l’estensione del delitto di associazione criminale di stampo mafioso a tutti gli Stati membri, l’implementazione del reciproco riconoscimento dei provvedimenti di sequestro e confisca dei beni. Questo sarebbe un buon inizio e uno stimolo fondamentale per la lotta all’attuale predominio delle mafie in Europa.
MAI PIU
' LE MAFIE !
IN NOME DEL POPOLO
SOVRANO ( art. 1 della Cost. Italiana )
Per il
futuro dell’Italia , dei nostri giovani , che sia di progresso e di sicurezza ,
liberiamo il nostro Paese dal marciume delle mafie , dai corrotti , dagli
speculatori , per ripristinare un Ordine Democratico di
Giustizia Sociale e di Legalità , di Libertà
d’informazione , secondo i principi , le norme , i valori della
Costituzione Italiana , attraverso un
sistema politico sano , costituito da personalità autorevoli
, oneste , culturalmente preparate e politicamente competenti
.
CONTRO LE MAFIE , LE
SOPRAFFAZIONI , GLI ABUSI , LE
VIOLENZE
La rivolta
effettiva , fatta attraverso reali comportamenti e di denunce contro le varie
mafie , contro i soprusi , contro le violenze , contro i traffici di droghe ,
dovrebbe sorgere sistematicamente nelle piazze , nelle strade , nei luoghi di
lavoro e anche fra le mura domestiche , di tutte le città d'Italia ,Nord
,centro e sud, coinvolgendo tutti i cittadini , in centinaia di migliaia .........Soltanto
così potrebbero crearsi alti muri e barriere , tutte intorno ai mafiosi , che
li ridurrebbero in un fatale, drastico isolamento dalla società civile .
Purtroppo, però, ciò sarà difficile che possa accadere, sino a quando ancora vi
siano centinaia di migliaia di cittadini che chiudono le finestre per non
vedere, per non sentire, per non voler parlare su fatti nefandi , su violenze ,
su ingiustizie e sopraffazioni di cui sono vittime o testimoni . Se tutta la
cittadinanza italiana , quella onesta , ( compresi gli immigrati ) volessero
sconfiggere le mafie , potrebbero riuscirvi e lo Stato ( cioè magistrati e
forze dell'ordine ) farebbero la parte meno difficile, anche se molto complessa,
cioè quella di raccogliere tutte le denunce e le testimonianze e procedere a
processi e condanne esemplari...Ma , per ottenere ciò , soprattutto sono
indispensabili leggi punitive più severe , adeguate alla gravità del fenomeno ,
interventi economico-finanziari per la migliore efficacia ed efficienza degli
apparati giudiziari ...Quando verrà quel giorno , se verrà , verrà la luce che
squarcerà il buio della paura , dell'angoscia per tanti onesti e pacifici
cittadini , padri di famiglia , lavoratori , imprenditori , altrimenti sarà
sempre più il male a prevalere , e a provocare dolore e disperazione per quelle
vittime innocenti , che resterebbero sempre in una infelice posizione di
minoranza rispetto a tutti gli altri cittadini. Ma la violenza e la
sopraffazione mafiosa è un male che non risparmia nessuno, chi più, chi meno,
direttamente o indirettamente . Questo dovrebbe essere ben capito da ogni
cittadino!
“ MAI
PIU’ LE MAFIE “
" Onestà , Legalità , Giustizia "
"Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e
misteriosa mafia svanirà come un incubo." [Paolo Borsellino]
“ La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un
principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine." [Giovanni
Falcone]
Una cosa è la definizione giuridica di mafia e di associazione mafiosa, un'altra cosa è il suo profilo morale , la sua natura malefica , che è presente e reale , come associazione criminale , ma anche e soprattutto come comportamenti e mentalità nell' ambito sociale e individuale . Probabilmente nessuna sentenza potrà mai condannare una persona come mafiosa solo per il suo modo di essere arrogante e violento , ma ciò non vuol dire che non sia qualificabile mafiosa e condannabile sotto l'aspetto morale ed umano.
Una cosa è la definizione giuridica di mafia e di associazione mafiosa, un'altra cosa è il suo profilo morale , la sua natura malefica , che è presente e reale , come associazione criminale , ma anche e soprattutto come comportamenti e mentalità nell' ambito sociale e individuale . Probabilmente nessuna sentenza potrà mai condannare una persona come mafiosa solo per il suo modo di essere arrogante e violento , ma ciò non vuol dire che non sia qualificabile mafiosa e condannabile sotto l'aspetto morale ed umano.
Autoriciclaggio
e le Mafie
Le
varie “ mafie “ non potranno mai essere debellate
sino a quando le loro risorse economiche e finanziarie troveranno coperture e
complicità da parte di istituti finanziari o società finanziarie , nel “
riciclaggio “ del denaro “sporco “ ; sino a quando lo Stato ,
attraverso i suoi Organi Politici ( Parlamento e Governo ) , continuerà
a non emettere e rendere operative
determinate leggi , che siano veramente efficaci al fine di colpire
in modo definitivo e radicale al cuore ogni tipo di mafia
. Cioè , non solo individuando le vie e le coperture che
consentono il deposito e l’accumulo di ingenti somme di denaro “ sporco “ , ma
fondamentalmente utilizzando sino in fondo gli strumenti
giuridici del Sequestro e della Confisca
di tutti i loro beni economici e finanziari .
Per
tali motivi , è estremamente importante l’emissione di una
chiara legge sullo “ Autoriciclaggio “ che contempli pene
severe nei confronti di chi commette tale reato.
La mappa dei clan
Mafia,
‘ndrangheta, camorra: la mappa dei clan
Dal
traffico di droga agli affari sugli appalti. Dalle estorsioni all'usura. Nel
nostro Paese è ancora fitta la rete di famiglie e cosche dedite alle peggiori
attività illecite. Soprattutto al Sud. Ecco l'elenco dei gruppi criminali
attivi in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata. Comune per comune
Traffico illecito di armi e droga,
estorsioni ad imprenditori e commercianti, riciclaggio e
reinvestimento di denaro sporco, affari su piccoli e grandi appalti pubblici.
In diverse aree del nostro Paese la criminalità organizzata continua ad
esercitare un controllo più o meno stringente del territorio, in
particolare nelle regioni meridionali, storicamente più colpite dal fenomeno.
L’ultimo (ennesimo) allarme arriva dalla relazione semestrale del ministero
dell’Interno sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Dia, Direzione
Investigativa Antimafia (organo investigativo del Viminale). Il rapporto,
diffuso la scorsa settimana e relativo al primo semestre 2014, ci
consegna ancora una volta una mappa dettagliata delle centinaia di clan
e famiglie di mafia, ‘ndrangheta e camorra che
operano in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata,
e che spesso estendono fino al Nord il loro raggio di azione. Ecco quali, provincia
per provincia.
LA MAFIA
LA MAFIA
PALERMO – Nella
provincia di Palermo – descrive la relazione del ministero dell’Interno – Cosa
Nostra è impegnata in una costante opera di consolidamento della sua
struttura, sia sotto il profilo militare che economico,
autofinanziandosi soprattutto attraverso la gestione di traffici illeciti,
il riciclaggio e il reinvestimento di denaro sporco. Sarebbe,
quella attuale, una fase di riorganizzazione legata all’arresto di alcuni
vecchi capi mandamento e capi famiglia e derivante dal fatto che non tutti i
nuovi reggenti dei gruppi criminali sembrano possedere l’autorevolezza
necessaria. Stando a quanto riporta la Dia, si registrano dunque nell’area
difficoltà a compattare le nuove leve e ad attuare le strategie criminali,
spesso rimesse in discussione dall’arresto o dalla scarcerazione di alcuni
boss. Il territorio provinciale risulta ora diviso in 14 mandamenti, 8
dei quali in città, e 79 famiglie, di cui 34 in città.
Tra le attività principali
della mafia palermitana vengono segnalate, oltre al riciclaggio, la frode
nella distribuzione di carburanti e il traffico e la produzione
di stupefacenti. In particolare, il narcotraffico risulta essere
una delle maggiori fonti di finanziamento. L’approvvigionamento
verrebbe garantito dalla joint venture con associazioni criminali radicate in Calabria
e in Campania e dirette referenti dei fornitori. Non sono mancati,
infine, episodi di contiguità tra mafia e politica che hanno
determinato lo scioglimento di alcuni consigli comunali.
AGRIGENTO – Cosa Nostra
agrigentina, articolata su 7 mandamenti, ha confermato un ruolo
di rilievo nei confronti di altre consorterie criminali nella provincia,
riuscendo anche a mantenere un ruolo di rispetto nella gerarchia mafiosa della
regione. Come a Palermo, però, anche ad Agrigento continua una ricerca di nuovi
equilibri, che scaturisce dagli arresti degli anni scorsi e dalle scarcerazioni
di vecchi capi. L’organizzazione è comunque verticistica e unitaria,
ed interessata prevalentemente al traffico di stupefacenti ed all’acquisizione
di denaro pubblico, con un forte predominio territoriale esercitato
attraverso l’attività estorsiva. Il pizzo viene imposto ad
imprenditori attivi in svariati settori. I proventi vengono poi reinvestiti,
attraverso insospettabili prestanome, in attività apparentemente legali,
con lo scopo di sottrarre gli illeciti guadagni all’azione di sequestro
e confisca da parte dello Stato. Si registrano anche intimidazioni
nei confronti di amministratori ed esponenti politici, ovvia
dimostrazione un forte e costante interesse a condizionare le decisioni
di carattere politico-amministrativo.
TRAPANI – La provincia
di Trapani rimane feudo del super ricercato Matteo Messina Denaro,
considerato esponente di spicco dell’intera cupola di Cosa Nostra. Nell’area
nel primo semestre 2014 – dice il rapporto del Viminale – non sono emersi
mutamenti dell’organizzazione e della struttura mafiosa, che resta articolata
in 4 mandamenti e 17 famiglie. La Dia registra un’operatività di
sodalizi mafiosi della provincia caratterizzati da basso profilo di
esposizione, e interessati a perseguire una sorta di strategia dell’inabissamento.
Messina Denaro, capo del mandamento di Castelvetrano può vantare una
fitta rete di protezione e favoreggiamento, anche attraverso
interposizioni nella gestione di beni e affari. Gli interessi, invece, sembrano
focalizzati sul controllo delle attività imprenditoriali e degli appalti
pubblici, nel racket delle estorsioni, con relativi atti di danneggiamento, nel
traffico di droga e in attività di corruzione per la penetrazione nella pubblica
amministrazione.
CALTANISSETTA – A Caltanissetta
e provincia Cosa Nostra appare articolata in 4 mandamenti e risulta interessata
soprattutto alle estorsione, all’infiltrazione negli appalti pubblici (con
pressioni esercitate sugli amministratori) ed allo spaccio e traffico di droga
esercitato non necessariamente attraverso canali di rifornimento e personaggi
propri, ma anche provenienti da altri territori. Nell’area, a differenza della
maggior parte delle province, si registra una presenza significativa della Stidda,
organizzazione mafiosa ben distinta da Cosa Nostra, con influenza in
particolare dei comprensori di Gela e Niscemi. E si conferma,
inoltre, la propensione della Stidda all’accordo sistematico con le famiglie di
Cosa Nostra attive nello stesso territorio, per un’equa ripartizione dei
proventi delle attività illecite.
ENNA – Accade qualcosa
di diverso, invece, ad Enna, nella cui provincia, a causa dell’assenza
di una guida mafiosa costante e univoca, si vivono fasi alterne di
prevalenza della componente nissena o di quella etnea. La Dia, ad esempio, nel
periodo tra gennaio e giugno 2014 ha rilevato, nel comune di Catenanuova,
l’operatività, al fianco delle storiche famiglie di Cosa Nostra ennesi (ora
prive di personaggi dotati di carisma criminale) di un gruppo di diretta
emanazione del clan Cappello di Catania. Per quanto concerne le attività
illecite svolte, invece, anche quest’area si mostra in linea con il trend della
regione, con il traffico di droga diventato negli ultimi due anni la fonte
principale di reddito.
CATANIA – A Catania
i rapporti di forza tra sodalizi criminali sembrano non essere mutati. La Dia
riferisce di una convivenza pacifica tra le famiglie e di equilibrio tra
due schieramenti egemoni. Come a Trapani e in altre province, anche in
quest’area i gruppi mafiosi sono bene attenti a mantenere ultimamente un basso
profilo, privilegiando l’obiettivo a farsi impresa. Accanto alle tradizionali
attività illecite, come estorsioni, usura e traffico di
stupefacenti, l’organizzazione investe e ricicla, anche nei circuiti
finanziari. Per quanto riguarda la commercializzazione della droga, essa
risulta in mano prevalentemente al clan Cappello, che contende una cospicua
fetta di guadagni al clan rivale Santapaola. A Catania il
fenomeno dello spaccio sembra aver raggiunto un’elevatissima pervasività con interi
isolati, se non quartieri cittadini, che vivono di questo tipo di
attività illecita. Vista la perdurante crisi economica, i clan non hanno
particolari difficoltà ad arruolare nuova giovane manovalanza, attratta
da facili guadagni. Ovviamente nemmeno a Catania viene trascurato l’affare
dell’infiltrazione nella pubblica amministrazione e della gestione di
denaro pubblico attraverso l’aggiudicazione di appalti, subappalti,
forniture e servizi.
SIRACUSA – Nella provincia di Siracusa
l’organizzazione mafiosa continua ad essere asservita alle logiche e alle
strategie di Cosa Nostra catanese. Anche qui, come ad Enna, mancano
personalità carismatiche in grado di assumere ruoli di comando. Si registra una
situazione di convivenza apparentemente pacifica tra i gruppi
criminali attivi nell’area. Principali attività sono quella estorsiva e il
traffico di stupefacenti, che sembra comunque essere limitato all’approvvigionamento
dalla piazza catanese.
RAGUSA – Gli influssi
dei sodalizi catanesi (e di quelli nisseni) si fanno sentire
anche nel territorio ragusano, specialmente nel versante occidentale, a Vittoria,
Scicli, Comiso. Ancora una volta si registra, come a
Caltanissetta, il peso della Stidda, alla quale è affiliato il clan
Dominante-Carbonaro. È legato a Cosa Nostra, invece, il clan
Piscopo. I capi mafiosi sembrano comunque dotati di scarso spessore
criminale, ma riescono tuttavia, tra una detenzione e l’altra, a compattare
intorno a sè estemporanei sodalizi per la gestione degli affari
illeciti.
MESSINA – Nella
provincia di Messina lo scenario mafioso è notoriamente caratterizzato
dalla presenza di gruppi delinquenziali privi dello spessore dei sodalizi
palermitani o catanesi. Si registra però l’influenza della ‘ndrangheta,
in ragione della vicinanza geografica alla Calabria.
A dominare la fascia
tirrenica è il clan dei Barcellonesi, molto radicato e in grado di
esercitare un forte condizionamento. Il sodalizio è caratterizzato da una
solida organizzazione con ripartizione delle competenze tra famiglie e metodi
operativi omologhi a quelli di Cosa Nostra palermitana, con la quale rimane in
rapporti nella gestione degli affari. Oltre alle consuete attività estorsiva,
di traffico di stupefacenti, e di gestione degli appalti, nel primo semestre
2014 la Dia ha rilevato nella provincia un nuovo interesse per lo sfruttamento
della prostituzione. Sono comunque attivi nel territorio anche soggetti
che operano in autonomia avvalendosi dei metodi mafiosi.
LA N' DRANGHETA
REGGIO CALABRIA – Per quanto concerne la Calabria
- spiega la relazione del ministero – la ‘ndrangheta ha dimostrato
nel primo semestre 2014 una crescente capacità di infiltrarsi nella sfera
politico-amministrativa degli enti locali. La regione detiene un
primato del numero di provvedimenti di scioglimento di comuni per
infiltrazione mafiosa, e le ‘ndrine hanno dimostrato capacità di
penetrare nelle realtà politico-amministrative anche lontano dal territorio di
origine (lo testimoniano le note recenti inchieste sulla mafia al Nord). A Reggio
Calabria la dislocazione delle cosche è caratterizzata dall’esistenza di un
organismo direttivo, denominato Provincia, e 3 mandamenti
a competenza areale: il mandamento Tirrenico, il mandamento Centro e il
mandamento Ionico. Per quanto riguarda il mandamento Tirrenico, il porto
di Gioia Tauro si conferma luogo di transito della cocaina
proveniente dal Sud America. Sulla base dei dati in possesso della Dia,
i sequestri operati nello scalo portuale hanno permesso di intercettare 980 kg
di cocaina e circa 10 tonnellate di tabacchi di contrabbando. Nell’area di
Gioia Tauro si segnala l’influenza della cosca Molè, un tempo alleata
con i Piromalli. Mentre nel comprensorio di Rosarno e San
Ferdinando è attiva la cosca Pesce-Bellocco.
Sulla città di Reggio
Calabria, nel mandamento Centro, si segnala ancora la posizione di
supremazia delle storiche cosche cittadine De Stefano, Condello, Libri
e Tegano. A Sud del capoluogo opera, invece, la cosca Ficara-Latella.
Nei rioni Modena e Ciccarello si registra l’attività del sodalizio
Borghetto-Caridi-Zindato e Rosmini. Nel quartiere di
Santa Caterina, infine, è attiva la cosca Lo Giudice.
Relativamente al mandamento
Ionico, la Dia segnala l’attività, nel comune di Monasterace, ed in
quelli limitrofi di Stilo, Riace, Caulonia e Camini,
della cosca Ruga, Metastasio, Leuzzi, legata alla cosca
Gallace, attiva a Guardavalle, in provincia di Catanzaro.
Nel comune di Caulonia opera
la cosca Vallelonga. A Gioiosa Jonica è attiva la cosca Scali-Urbino,
federata con i Costa-Curciarello di Siderno.
CATANZARO – Nessuna novità per quanto
riguarda la mappatura della Dia relativa alla provincia di Catanzaro.
Unica novità di rilievo del primo semestre 2014 sarebbero – dice il rapporto
del Viminale - due operazioni che hanno disarticolato le cosche Giampà
e Torcasio.
COSENZA – Sono sostanzialmente immutate
rispetto al secondo semestre 2013 anche le zone di influenza dei gruppi
criminali ‘ndranghetisti della provincia di Cosenza.
CROTONE – Per quanto riguarda l’area di Crotone
la Dia sottolinea il maggior peso della famiglia Grande Aracri, la
stessa dall’operazione della scorsa settimana che ha condotto ad arresti di
politici e imprenditori in Emilia Romagna. In particolare la cosca avrebbe
assunto il controllo di tutte le attività illecite nella parte più a Nord della
regione.
VIBO VALENTIA – Nella
provincia di Vibo Valentia, infine, conserva un ruolo egemone la cosca
Mancuso di Limbadi, nonostante negli ultimi anni sia stata colpita
da diverse attività investigative. Relativamente alle conflittualità tra
sodalizi non sembrano essere sopiti i contrasti tra i cosiddetti piscopiani
della frazione Piscopo e i Patania di Stefanaconi,
sostenuti dai Mancuso.
LA CAMORRA
LA CAMORRA
NAPOLI – Anche in Campania
vengono sostanzialmente confermati assetti criminali consolidati e di ricerca
di nuovi equilibri tra clan colpiti da operazioni di polizia. Ma – come
sottolinea il ministro dell’Interno nella relazione semestrale – novità
potrebbero arrivare dall’area casertana. Il clan dei Casalesi, infatti,
sembra in difficoltà operativa alla luce della decisione del super boss Antonio
Iovine di collaborare con la giustizia. Il pentimento del capo clan
potrebbe avere ripercussioni sugli equilibri del sodalizio. Per quanto concerne
invece la redditività delle attività illecite, per la criminalità organizzata
campana quella più vantaggiosa è ancora rappresentata dal traffico di
stupefacenti. Si tratta del settore nel quale vengono operati i maggiori
investimenti per gli ingentissimi guadagni che ne derivano. Va
ricordato, in tal senso, quanto accaduto nell’area a Nord di
Napoli, centro nevralgico per l’approvvigionamento della droga, dove la fine
del predominio assoluto del clan Di Lauro negli anni scorsi ha generato
scontri tra gli altri gruppi che ne hanno in parte occupato lo spazio.
Nella zona centrale del
capoluogo campano rimane fitta la rete di clan camorristici operanti. Nel rione
Forcella, a causa di tensioni tra il clan Mazzarella ed un gruppo
discendente dello storico clan Giuliano, intenzionato ad assumere il
controllo dello spaccio di stupefacenti, si vive una situazione di instabilità.
Del gruppo criminale in ascesa farebbero parte giovani delle famiglie Stolder-Ferraiuolo-Brunetti-Sibillo,
che potrebbero contare sull’appoggio del clan Rinaldi di San Giovanni
a Teduccio, che è attivo nella zona orientale della città ma sta estendendo
la sua influenza anche nel quartiere Mercato, alle Case Nuove, zona
storica del gruppo Caldarelli, a sua volta satellite del clan Mazzarella.
Nei quartieri Vasto e Arenaccia, nella zona Ferrovia e a Poggioreale,
intanto, continua l’egemonia incontrastata del clan Contini, dotato di
ottima capacità militare e politica di alleanze, come quella con il gruppo
Mallardo di Giugliano in Campania, i Licciardi di Secondigliano
e i Bidognetti della provincia di Caserta. I Contini sembrano aver
trovato un equilibrio con lo storico rivale clan Mazzarella. Nei quartieri
Spagnoli, invece, sono attivi i clan Mariano e Ricci,
quest’ultimo legato al gruppo D’Amico, operante nella zona orientale
della città, e due clan di recente formazione, Esposito e Saltalamacchia.
La Dia segnala che alcune sparatorie e intimidazioni sono sintomatici di
frizioni tra i gruppi Elia del Pallonetto a Santa Lucia, Lepre
del Cavone e Mariano, da una parte, ed Esposito e Saltalamacchia
dall’altra. Nella zona centrale di Napoli, inoltre, si segnala il ritorno di
esponenti delle famiglie Tolomelli e Vastarella, storicamente
legate ai Licciardi e feroci antagoniste del clan Misso. Famiglie che hanno l’ambizione
di riprendere il controllo di parte del quartiere Sanità, cercando
appoggi con i Contini. Il quartiere Sanità, infatti, dopo la disarticolazione
del clan Misso, è diventato teatro di accesa conflittualità per la perdita
dell’egemonia da parte degli storici gruppi camorristici. Ora si registra
l’attività del clan Lo Russo del quartiere Miano e del gruppo
Savarese-Sequino, in cerca di alleati e intenzionato ad accordi con
le nuove generazioni della famiglia Giuliano. A Poggioreale, intanto, la
dissoluzione del clan Sarno ha condotto ad uno scontro tra un gruppo di
ex affiliati, ora legati al sodalizio criminale Casella, ed al clan
Cuccaro di Barra, federato con la famiglia De Micco. A San
Ferdinando, invece, nella zona Chiaia, è attivo il clan Piccirillo,
legato al gruppo Licciardi e Strazzullo, e presente anche nella zona Posillipo,
considerata a sua volta territorio franco per il riciclaggio di clan della zona
nord orientale del capoluogo e di Napoli centro, in particolare dei gruppi
Licciardi, Mazzarella e Calone. Al Pallonetto a Santa Lucia, infine, è
in corso una lotta per il predominio tra famiglia Ricci dei Quartieri
Spagnoli e gli Elia di Santa Lucia.
Per quanto riguarda la zona
settentrionale di Napoli, nei quartieri Vomero ed Arenella
domina il clan Cimmino, controllando sia la zona Arenella-Conte
della Cerra sia la zona Rione Alto. Ma si registra
contemporaneamente anche la presenza dei Polverino di Marano di
Napoli, impegnati nel riciclaggio in attività commerciali. A Secondigliano
e Scampia, Rione Berlingieri, Miano, Piscinola e San
Pietro a Patierno, gli equilibri non sono stabili. Come afferma la
relazione del ministero dell’Interno, la geomorfologia appare fluida per la
rapidità con cui si creano rapporti di alleanza e forte antagonismo. Nei
suddetti quartieri l’attività di spaccio è molto intensa e redditizia. Si
segnala, dunque, la presenza in tutta l’area dei gruppi camorristici Amato-Pagano,
Di Lauro, Vanella-Grassi, Bocchetti, Licciardi,
Lo Russo e Abete-Abbinante-Aprea-Notturno.
L’area orientale della città
comprende i quartieri San Giovanni a Teduccio, Ponticelli e Barra.
A San Giovanni a Teduccio si contrappongono lo storico clan Mazzarella,
che conta sull’appoggio delle famiglie Formicola-Silenzio e D’Amico
ed il cartello composto dai gruppi Reale, Rinaldi e Altamura.
A Barra, invece, e nel rione Lotto Zero di Ponticelli, dopo anni di
egemonia del sodalizio Cuccaro-Aprea è in atto un tentativo di
conquista di spazio da parte del gruppo Amodio-Abrunzo, formato
da pregiudicati usciti dal suddetto clan e sostenuti dagli Abete-Notturno-Aprea
e De Micco, già legati ai Cuccaro. A Ponticelli è attivo il gruppo De
Micco, forte di una ampia disponibilità di armi e diventato referente per la
fornitura di stupefacenti di una gran parte dell’area orientale. Ai De Micco si
contrapporrebbe il clan D’Amico, formato da esponenti del dissolto clan
Sarno.
Per quanto concerne, poi, l’area
occidentale di Napoli si rileva un’elevata frammentazione delinquenziale
che ha determinato faide provocate dalla necessità di evitare sconfinamenti da
parte di gruppi rivali. Come riporta il rapporto del Viminale, A Soccavo
opera la famiglia Grimaldi, legata ad esponenti della malavita di Pianura
e del Rione Traiano. L’antagonista sarebbe il gruppo Vigilia,
formato da alcuni fuoriusciti dal clan. A Fuorigrotta, intanto, opera il
gruppo Zazo, al quale si sarebbero aggiunti i pochi elementi liberi del clan
Bianco, non più attivo. Il gruppo Zazo è impegnato nel traffico di droga e
nella contraffazione e risulta legato alla famiglia Mazzarella. Nel Rione
Traiano, invece, altra zona dove è intenso lo spaccio di droga, si registra
l’egemonia del clan Puccinelli, favorito dall’assenza dalla scena dei
suoi antagonisti, ovvero i capi del contrapposto gruppo Leone-Cutolo,
detenuti in esecuzione di pesanti condanne. A Pianura sembra
ridimensionato il clan Lago, che ha ceduto spazio al gruppo Marfella.
A Bagnoli, Agnano e su parte della zona di Cavalleggeri
d’Aosta permane, infine, la presenza del clan D’Ausilio, anche se
ridimensionato da arresti e collaborazioni. Nella stessa area ha comunque
acquistato spazio il gruppo scissionista Esposito, originario di
Secondigliano e legato alla famiglia Licciardi.
Nel versante occidentale
della provincia si registra l’egemonia dei Polverino a Quarto.
Mentre a Bacoli e Monte di Procida opera il clan Pariante,
dedito allo spaccio e legato agli Amato-Pagano di Secondigliano. Per quanto
concerne invece la zona settentrionale della provincia, a Casavatore
è attivo il gruppo Vanella-Grassi e il clan Ferone. A Qualiano
e Villaricca, invece, gruppi locali sono interessati all’acquisizione di
appalti pubblici, alle estorsioni, al riciclaggio e al traffico di droga
mediante importazione dall’estero di ingenti quantitativi, ma d’intesa con
altri clan. A Marano di Napoli persiste l’egemonia del clan Polverino,
presente anche a Quarto e Villaricca e caratterizzato da una
forte vocazione imprenditoriale, che si manifesta, ad esempio, con l’interesse
nell’edilizia residenziale e nelle attività turistico-alberghiere. Il clan
Mallardo, alleato con i Bidognetti e i Contini, opera incontrastato a Giugliano
in Campania. Afragola è invece il comune di origine del clan
Moccia, egemone incontrastato per la gestione e il controllo di tutte le
attività illecite anche a Casoria, Caivano, Arzano, Cardito,
Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore, e proiettato
anche in altre regioni e all’estero. Ad Acerra e dintorni si ritiene
disarticolato il clan Crimaldi, così come i clan De Sena e Di
Falco-Di Fiore. Pertanto, nella vasta area tra i comuni di Casalnuovo,
San Felice a Cancello e Santa Maria a Vico opererebbero gruppi
criminali non aventi connotazione tipica dei clan e dediti prevalentemente ad
estorsioni, spaccio e rapine.
Nell’area vesuviana e nolana
si registra il controllo delle attività illecite soprattutto da parte dei
clan Cava, originario di Quindici, nell’Avellinese, dei Fabbrocino
di San Giuseppe Vesuviano e dei Moccia di Afragola, che
hanno assorbito altre compagini criminali locali facendole diventare proprie
strutture satellite. Si conferma la forte vocazione imprenditoriale del clan
Fabbrocino, le cui ingenti disponibilità economiche avrebbero contribuito al
rafforzamento del vincolo di omertà dei suoi consociati. Ma non solo. la
relazione del ministero descrive che le capacità imprenditoriali di molti
affiliati hanno consentito al gruppo camorristico di penetrare nel settore
dell’abbigliamento e del commercio di alimenti in alcune regioni del Centro e
del Nord del Paese, come Lombardia, Emilia Romagna, Umbria e Marche. Intanto, a
Pomigliano d’Arco, Castello di Cisterna, Brusciano (dove
opera il clan Ianuale, presente anche a Mariglianella), Marigliano,
Pollena Trocchia, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana
e Sant’Anastasia opera il clan Castaldo-Anastasio. Nella stessa
zona sono però attivi anche pregiudicati di riferimento del clan Mazzarella,
insediatisi nella zona di Marigliano. A Somma Vesuviana, intanto, si segnala
l’infiltrazione dei clan Cuccaro e Rinaldi di Barra attraverso pregiudicati
locali.
Infine, la fascia costiera
a Sud di Napoli, la provincia meridionale. A Portici e San
Sebastiano al Vesuvio il clan Vollaro detiene l’egemonia assoluta
delle estorsioni, del traffico di droga, del lotto clandestino e dell’usura. Ad
Ercolano, invece, si registra l’attività, in contrapposizione, degli
Ascione-Papale e dei Birra-Iacomino. A San Giorgio
a Cremano opera il clan Abate, con proiezioni in Emilia Romagna. A Torre
del Greco i clan Falanga e Di Gioia. A Torre Annunziata
sono attivi i Gionta. Il sodalizio Gallo-Limelli Vangone è
presente sia a Torre Annunziata che nei comuni di Boscoreale, Boscotrecase
e Trecase. A Castellammare e nei comuni vicini, infine, agiscono
i clan D’Alessandro e Cesarano.
CASERTA – Come già
detto, il clan dei Casalesi, che domina gli affari illeciti nella
provincia di Caserta, deve fare i conti con la collaborazione con la
giustizia del super boss Antonio Iovine. Il gruppo criminale sta quindi
vivendo una difficile fase di transizione già affrontata qualche anno addietro,
all’indomani della cattura dei un altro esponente al vertice del sodalizio
camorristico, Michele Zagaria, in manette nel 2011. Tuttavia, non va
dimenticato che i Casalesi sono già riusciti in passato a rigenerarsi
reclutando nuove leve da affiancare a vecchi sodali, nonostante siano stati
oggetto negli anni di un’efficace attività di contrasto. Dunque, il clan
casertano, sembra in questa fase intenzionato a rafforzare la propria presenza
nelle aree di influenza, invece che estendersi in altre zone della provincia,
zone in cui però si sta rafforzando la forza criminale delle organizzazioni non
federate nel cartello.
La fazione Bidognetti a
quanto pare ha ripreso a compiere estorsioni nei comuni di Parete, Teverola
e Castel Volturno. Il gruppo Schiavone, invece, risulta sempre
molto forte militarmente. Mentre il gruppo Zagaria viene considerato
pericoloso soprattutto per la capacità di infiltrazione in diversi settori
dell’economia, in particolare nella gestione dei servizi pubblici e negli
appalti (come ha dimostrato la recente
operazione sulle gare per i lavori in un ospedale casertano). Nella provincia, oltre ai gruppi
federati ai Casalesi operano, nella zona di Marcianise, il clan
Belforte e il gruppo Piccolo. I due clan mantengono con i Casalesi
un rapporto di non belligeranza.
SALERNO – Nella provincia
di Salerno le organizzazioni camorristiche sembrano caratterizzate da
una struttura di tipo orizzontale, con diversi centri decisionali e orientata
prevalentemente al raggiungimento di obiettivi immediati di finanziamento e non
medio-lunghi. Nell’area si registra una disaggregazione di vecchi
cartelli criminali e la coagulazione di nuovi gruppi sia in città che lontano
dal capoluogo. Nel dettaglio, a Bracigliano e a Mercato San Severino
si registra la presenza del clan Graziano, originario di Quindici, in
provincia di Avellino. A Salerno città si conferma la ripresa
dell’egemonia del gruppo Panella-D’Agostino. Nell’agro
nocerino-sarnese, in seguito alle azioni di contrasto degli anni scorsi, lo
scenario delinquenziale appare in fase di assestamento. La gestione del
traffico e dello spaccio di droga avviene attraverso alleanze con i gruppi
dell’area napoletana, in particolare di Castellammare di Stabia e Torre
Annunziata. A Pagani è attivo il sodalizio Fezza-D’Auria.
A Nocera Inferiore e Nocera Superiore, invece, accanto allo
storico clan Mariniello, si registra l’operosità di gruppi formati da
giovani pregiudicati già legati a sodalizi del vicino comune di Pagani. È lo
stesso che avviene ad Angri. A Cava de’ Tirreni, oltre a soggetti
criminali già legati al clan Bisogno, operano pregiudicati che fanno
riferimento al gruppo Celentano. Infine, nella parte Sud della provincia,
nella Piana del Sele, risultano attivi gruppi criminali emergenti
dediti sia alle estorsioni che al traffico di stupefacenti.
BENEVENTO –
Situazione stabile in provincia di Benevento, dove si conferma
l’egemonia del gruppo camorristico Sperandeo, alleato con il clan
Pagnozzi originario di San Martino Valle Caudina, in provincia di Avellino,
ma presente anche a Montesarchio, Airola e paesi limitrofi. Il
clan Pagnozzi agisce, tra l’altro, in sinergia con il gruppo Saturnino-Bisesto
di Sant’Agata de’ Goti e con il sodalizio Iadanza-Panella
attivo a Montesarchio Bonea, Bucciano, Castelpoto, Campoli
del Monte Taburno, Tocco Caudio, Cautano e Forchia.
Anche qui gli interessi variano dal traffico di droga all’usura, dalle
estorsioni alle infiltrazioni nell’affare degli appalti pubblici.
AVELLINO – Nell’Avellinese viene
confermato il predominio del clan Cava di Quindici, storico
rivale dei Graziano, originario dello stesso comune. Al momento non
vengono registrati episodi di conflittualità tra i due gruppi camorristici, ma
la scarcerazione di qualche esponente di spicco dell’uno o dell’altro clan
potrebbe rompere gli attuali equilibri. I Cava negli ultimi anni hanno
approfittato dell’indebolimento del clan Russo di Nola, in provincia di
Napoli, per proiettarsi in un nuovo territorio attraverso gruppi satellite come
i clan Giugliano e Sangermano (quest’ultimo di San Paolo
Belsito, Napoli). Nel comune di Avellino, intanto, sembra riorganizzarsi la
famiglia Galderi, mentre sono ancora in carcere gli elementi di spicco del gruppo
Genovese .
BARI – Per quanto concerne la Puglia,
la Dia rileva che il fenomeno criminale, grazie all’azione di contrasto e alla
collaborazione con la giustizia di alcuni affiliati alla Sacra Corona Unita,
appare oggi non unitario, ma disgregato e disomogeneo. La regione, infatti è
dunque caratterizzata dalla presenza di una pluralità di gruppi mafiosi,
caratterizzati da continui mutamenti, spesso legati anche a delle faide. A Bari
e in provincia, ad esempio, si registrano tensioni legate alla
ridefinizione degli equilibri criminali e delle posizioni di vertice, che a
volte degenerano in scontri cruenti. A restare operative sono soprattutto
giovani e ambiziose leve, che risultano però nello stesso tempo anche inesperte
e pericolose. I quartieri maggiormente interessati alle faide sono
San Paolo (dove emergono contrasti tra il clan Montani-Telegrafo
e il gruppo Mercande-Diomede), San Girolamo (teatro di uno
scontro tra i Lorusso e i Campanale) e Libertà (dove hanno
luogo contrasti interni al clan Mercante). Situazioni invece stazionarie
si registrano nei quartieri di Carbonara e Ceglie del Campo (tra
i clan Di Cosola e Strisciuglio), nel Borgo Antico (tra
i Strisciuglio e i Capriati), nel quartiere Madonnella
(dove si registra la presenza del clan Di Cosimo-Rafaschieri), e,
infine, nel quartiere Japigia (dove operano i clan Parisi e Palermiti).
Le attività illecite più diffuse sembrano essere quelle del traffico e dello
spaccio di stupefacenti e delle estorsioni ai danni dei commercianti.
Per quanto concerne la provincia
di Bari, poi, la Dia segnala la contrapposizione tra clan Conte-Cassano
e Cipriano nella città di Bitonto, il contrasto tra elementi del gruppo
La Selva e del gruppo Panarelli a Conversano, e, in ultimo,
l’egemonia del sodalizio Zonno a Toritto
BARLETTA-ANDRIA-TRANI –
La provincia di Barletta-Andria-Trani si caratterizza
dalle altre per la diffusione di una specifica attività criminale: le rapine
agli autotrasportatori, spesso realizzate su strade trafficate con
tecniche paramilitari che possono prevedere anche il sequestro lampo dei
conducenti dei tir. In ogni caso si segnala la presenza dei gruppi criminali Miccoli
e Gallone-Carbone a Trinitapoli e del sodalizio Pistillo-Pesce
ad Andria.
FOGGIA – A Foggia e provincia
le organizzazioni criminali sono state ridimensionate da numerose inchieste
giudiziarie e da severe condanne. Ma solo in parte sono stati fermati gli
episodi di sangue, visto che la forte crisi economica favorisce la
costituzione di un serbatoio nell’ambito della criminalità comune dal quale
attingere manovalanza. Nel rapporto del Viminale si segnala la presenza del
clan Sinesi-Francavilla in città, in contatto con la criminalità
organizzata di San Severo.
LECCE - I gruppi criminali della provincia
di Lecce erano un tempo legati alla Sacra Corona Unita. Ora, dopo un’efficace azione di
contrasto attuata negli anni, i sodalizi non sono più organizzati in maniera
verticistica, limitandosi ad operare in sinergia, preferendo un profilo basso,
una strategia di inabissamento. Si segnala comunque la presenza in città
del clan Rizzo, capeggiato da uno storico boss della S.C.U. leccese. Il gruppo è egemone soprattutto nel
traffico di stupefacenti e nelle estorsioni. La maggiore influenza viene
esercitata nel rione Castromediano. In provincia controlla invece i
territori dei comuni di Cavallino, Lizanello, Melendugno, Merine,
Vernole, Caprarica, Calimera e Martano.
BRINDISI – Sembra statico il contesto
criminale anche nella provincia di Brindisi, che negli ultimi
anni ha subito un incisivo contrasto investigativo grazie alla
collaborazione con l’autorità giudiziaria della frangia brindisina e mesagnese
della Sacra Corona Unita. Nessuno dei fatti di sangue verificatisi nell’area
sembra comunque essere riconducibile a contrasti tra cosche. Anche qui
le principali attività illecite sono rappresentate da traffico di
stupefacenti ed estorsioni, quest’ultime esercitate perlopiù
attraverso pretese di piccole somme di denaro. Ma si registrano anche usura e
gestione degli apparecchi elettronici.
TARANTO – Gli assetti sono immutati anche a
Taranto e provincia, dove i gruppi criminali ricavano i maggiori
introiti dal traffico di droga, esercitato in sinergia con pregiudicati
calabresi o baresi.
Molto diffusa l’attività
estorsiva ai danni ai danni di imprenditori, commercianti e artigiani,
spesso vittima di attentati dinamitardi o incendiari.
POTENZA E MATERA – In Basilicata viene
rilevata la presenza residuale di gruppi criminali che, dopo essere stati
disarticolati nel tempo dalle censure penali, non manifestano segnali palesi di
vitalità. Questa situazione agevola l’attività di gruppi omologhi provenienti
dalle regioni limitrofe. L’attività prevalente del traffico di droga
riguarda soprattutto l’area tirrenica, confinante con Calabria e
Campania. A Potenza si registra la presenza dei clan Cassotta, Di
Muro, Martucci, Rivezzi, Martorano e Stefanutti.
nella provincia di Matera, invece, si segnala nel primo semestre 2014 la
presenza dei clan Scarcia, Mitidieri-Lopatriello e Zito-D’Elia.
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NOTA – La relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’operato e i risultati
conseguiti dalla Dia nel primo semestre 2014 non riguarda solamente famiglie
e clan della criminalità organizzata siciliana, calabrese,
campana, pugliese e lucana, ma anche le organizzazioni
criminali straniere che operano sul territorio nazionale (quella albanese,
nordafricana, centrafricana, sub sahariana, cinese,
sudamericana, romena, russa). Non mancano, inoltre,
informazioni relative alle proiezioni extraregionali ed internazionali
delle cosche italiane.
MAFIA CAPITALE
IL RICICLAGGIO
CRIMINALE
Dopo la
droga e le armi, il traffico illecito di opere d’arte è il terzo mercato più
lucroso per le organizzazioni criminali .
Un mercato da circa 78 milioni di
euro, che nel 2012 si è impennato del 39% rispetto al 2011. Dopo armi e droga
il traffico illecito di opere d’arte è stimato come il terzo mercato criminale
più lucroso, con profitti globali stimati intorno agli 8 miliardi di euro.
«L’investimento o il reinvestimento di capitali illeciti in arte è uno dei più
sicuri perché non perde valore ed è semplice da sottrarre all’aggressione
patrimoniale Una catena criminale che va dal furto, alla falsificazione, fino
all’opera dei cosiddetti “tombaroli”, cioè coloro che effettuano abusivamente
scavi archeologici. Le opere rubate o falsificate vengono immesse sul mercato
clandestino , anche utilizzando il web .
Un business
per le organizzazioni
come ’ndrangheta, cosa nostra e camorra, oltre ad almeno altre tre o quattro
organizzazioni criminali nel mondo. Lo stesso ex procuratore nazionale
Antimafia Pietro Grasso non ha esitato nel dire che il «traffico di opere
d’arte è tra i principali guadagni delle mafie». Soldi sporchi a spasso
per il globo, che transitano per gli immancabili paradisi fiscali e difficili
da stanare .
Investire in arte per le mafie, chiaramente
ben consigliate da esperti del settore, è conveniente e sicuro: prima di tutto
le pene previste nel caso in cui si venisse scoperte sono irrisorie per chi è
abituato a ben altri pericoli del codice penale.
Riguardo a tutto ciò la legislazione
è insufficiente» Pene
troppo leggere, che non spaventano chi mercanteggia illegalmente opere d’arte,
e una legislazione che rende non facile l’aggressione patrimoniale e le
indagini. Secondo gli investigatori i limiti dell’attuale codice dei Beni
Culturali non permettono di svolgere appieno le attività d’indagine, anche
perché, spiegano, ormai quelli che operano nell’illegalità con le opere d’arte
utilizza sistemi ben sofisticati .
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